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L'intervista a Fabio Siciliani dopo l'addio al ring

Pubblicato il 03/03/2017

L'intervista integrale al campione del mondo Fabio Siciliani dopo l'addio al mondo del ring.

Di: Andrea Sagi
Si è conclusa con la conquista del Titolo Mondiale WKU e con uno spettacolare KO ai danni di Jaouad El Byari, lo scorso 30 aprile al Kindergarten di Bologna durante la ventesima edizione di Fight Clubbing, la carriera della più grande Leggenda Italiana di sempre della Muay Thai, FABIO SICILIANI.

Campione dentro il ring ma anche nella vita: un grande uomo, un grande amico, ma soprattutto un grande Maestro.

E se da un lato leggere la conferma di ciò che già sapevamo sarebbe accaduto ci rattrista moltissimo (epilogo inevitabile per qualsiasi sportivo), dall'altro lato non può che renderci orgogliosi di averlo avuto al nostro fianco, di averlo potuto vedere combattere dal vivo nel corso degli anni, di aver sentito gridare il suo nome di fronte a migliaia di persone, in tutto il mondo, di aver assistito ai suoi KO impressionanti, di averlo visto vincere contro 'mostri sacri', di non averlo mai visto tirarsi indietro di fronte a niente, di averlo visto vincere Titoli su Titoli senza mai perdere l'umiltà che lo contraddistingue, di averlo visto trasmettere ai suoi atleti e a chi lo ha conosciuto tutto ciò che lui ha imparato, di averlo avuto con noi...nel suo ultimo match, che gli ha reso consacrazione definitiva e gloria eterna, rendendolo LEGGENDA.

«Quando ti sentirai davvero forte, non avrai più bisogno di combattere» [Fabio Siciliani]

Una carriera, la sua, lunga oltre 16 anni, durante i quali ha vinto praticamente di tutto. Sei titoli mondiali in sei sigle differenti (WAKO, ISKA, WMF, WKU, WMF World Championship, One Songchai), un titolo intercontinentale Wako, un titolo Onesongchai, svariati titoli Italiani, uno score di 73 match (53 vinti di cui 24 per KO, 16 persi, 4 pareggiati) e, non per ultimo, il primo italiano a battere il N° 1 del Lumpinee e del Rajadamnern. Alla luce del suo palmares siamo senza dubbio di fronte all' uomo simbolo della Muay Thai del nostro Paese: un atleta che ha vinto più di ogni altro italiano, una persona straordinaria, che ha praticato e divulgato la Muay Thai nella sua massima purezza ad altissimi livelli, confrontandosi e sconfiggendo atleti fortissimi provenienti da tutto il mondo: Thailandia, Francia, Lussemburgo, Bielorussia, Cambogia, Malesia,Turchia, Portogallo, Spagna, Marocco, Belgio, Inghilterra, Brasile, Hong Kong, Germania, Croazia, Scozia, India, Armenia, Ungheria, Italia.

"Ritirarsi al top della forma, da vincente e nel tuo momento migliore, richiede oltre che grandissime capacità tecniche anche grande umiltà e coraggio. Dove hai trovato tutta questa forza?"

«La decisione dell'abbandono al ring non è stata una scelta facile, però era il momento giusto per farlo. 35 anni e quasi 80 match da professionista...che dire, mi sono divertito. Ho avuto la fortuna di combattere contro grandissimi atleti, da Mabel a Valent, passando per Arnaldo Silva, Beausejour, Moses Sangtiennoi, Karim Ghajji, Prakaysaeng, Houmer, Muller, Kevin Haas, Farid Villaume....ne abbiamo girati davvero tanti. Si è vinto, si è perso, si è combattuto... Ci siamo divertiti e le soddisfazioni sono arrivate. L'ultimo match è stato particolarmente spettacolare. Jaouad El Byari è un avversario che mette tutto sul piatto. Mi è piaciuta molto la definizione di Francesco Migliaccio: "è come giocare alla roulette russa, lui butta la palla, o rosso o nero, o tu o lui". Lui ha cercato di darmi dei destri, si muoveva in maniera convulsa. Ho visto il primo, ma ho aspettato il momento giusto per anticiparlo, L'ho centrato ed è andata bene. Ho avuto una carriera durata 16 anni, nei quali non ho mai perso contro un atleta italiano; ho disputato match davvero durissimi ed è questo ciò che in assoluto più amo della Muay Thai. Ma ora spazio ai giovani, dopotutto credo sia giusto così.»

"Oltre alle vittorie individuali non possiamo fare a meno di notare il formidabile gruppo di agonisti che è riuscito a creare nella sua terra salentina, a Lecce, dando vita ad una famiglia eccezionale, quella dell' OLTRECORPO, che gestisce insieme al fratello Gianluca Siciliani, straordinario guerriero ed instancabile compagno di avventure.
Ci troviamo quindi di fronte, oltre che ad un atleta di fama internazionale, anche ad un grandissimo maestro di vita e di arti marziali, nonchè ad un importante promoter ed organizzatore.
Fabio, come sei riuscito a far coincidere queste tre figure per così tanto tempo e che tipo di emozioni ti suscita ciascuna di esse?”

«Oltrecorpo, il mio Kai muay, rappresenta la mia dimora ed il mio tempio. A distanza di 13 anni dalla sua apertura, il nostro cento ha oltre 200 tesserati annui solo per la Muay Thai, tra cui 50 agonisti (fra esordienti e classe A quali Carlo Pappadà, Fabio Puce, Manuel Trisiello, Andrea Liuzzi, Matteo Musarò, Gabriele Letizia, Dario Bolognini, Alessio Centonze). Abbiamo diversi fighters che combattono nei più prestigiosi eventi sul panorama mondiale e nuovi promettenti atleti. Tutto questo mi stimola per fare sempre qualcosa in più sia come insegnante (metodi d’allenamento, ricerche, studi, viaggi e formazioni) che come organizzatore, ed è per questo che abbiamo creato importanti circuiti di gare sul panorama nazionale, come Challenger Muay Thai, Evolution Fight dell'amico Bruno Botindari ed il celebre Fight Clubbing. L’ esigenza di organizzare è nata per dare a tutti la possibilità di poter competere senza necessariamente dover viaggiare. Oggi mi sento di affermare, con orgoglio e serenità, che siamo finalmente riusciti a creare un gruppo solido che ha trovato stimoli e supporto all’interno di Fight 1 il quale, al di là dell’indiscutibile valore nella promozione di eventi, possiede realmente un clima professionale e sereno.»

"Terminato questo lunghissimo capitolo della tua vita, quali sono i tuoi programmi per il futuro?”

«Vorrei dedicarmi a seguire maggiormente i miei atleti, continuare a divulgare la Muay Thai in giro per l'Italia e per il Mondo tramite l'organizzazione di Camp, Eventi, Stage e Corsi Formativi, cercando di incentivare sempre di più il Dilettantismo (indimenticabile rimarrà la vittoria con la maglia azzurra durante i mondiali di Bangkok del 2014).
Ritengo che il dilettantismo sia una forma bellissima di combattimento che dia la possibilità a tutti i nostri atleti, inclusi i cosiddetti Pro, di misurarsi con regolamenti di forma "olimpionica", nei quali vi sono grandissimi atleti. La formazione che un atleta acquisisce in esperienze internazionali di quel calibro sono altissime. Il fatto di dover essere ogni giorno in peso, di esser controllati quotidianamente, di fare un Mondiale che duri realmente una settimana, di disputare un match al giorno, di avere l'opportunità di combattere contro veri big e super campioni, e restar lì con le altre Nazioni, a prescinder dalla vittoria o dalla sconfitta, fa Squadra, fa Nazionale... Una volta rientrati in patria, magari con una medaglia, l'atteggiamento dell'atleta sarà completamente diverso. Credo infatti che l'italiano di base soffra in qualche modo di "estero fobia", ovvero l'atleta dell'estero in qualche modo lo incute, laddove l'atleta non abbia di fondo una stabilità solida. Anche per questo motivo, credo che il movimento italiano possa emergere prima e più rapidamente grazie ad un dilettantismo fatto bene e con atleti veri, piuttosto che con match professionali nei quali potrebbero esserci situazioni più o meno accomodanti, rispetto al dilettantismo appunto, dove tutto appare più chiaro.

La Muay Thai ("il romanticismo del gomito") per me è un insieme di tradizionale e sportivo, anche se in realtà non esiste questa distinzione. E' solo Muay. Adesso voglio dedicarmi allo studio ed all'approfondimento del tradizionale, alla didattica ed alla formazione, cercando di dare tutto ciò che è possibile per far crescere sempre più questo sport in Italia, contribuendo alla sua massima diffusione.»

Il fratello Antonio Greco lo ricorda così:
Il guerriero dall'animo nobile lascia. Trentacinque anni appena compiuti, 80 match, sei titoli mondiali in sei sigle differenti, un futuro tutto da disegnare. Ma non a tinte fosche. In pentola ci sono grandi novità e soddisfazioni che lo sport gli ha regalato, trasformando la sua passione in stile di vita.
Fabio Siciliani, leccese doc pluricampione del mondo, dice addio al ring. L’ultimo match, disputato lo scorso 30 aprile, gli ha consegnato il sesto titolo mondiale nella Muay Thai, ma non lui combatterà più.
Dedizione, rigore, rinunce, determinazione. Sedici anni di agonismo e una carriera tutta da ricordare. L’avvicinamento alla Muay Thai perché dovevo difendermi da mio fratello Gianluca», racconta sorridendo. Poi la passione: «Quei ragazzini rasati, tutti unti, che combattevano come dei lupi a ritmo della musica che aumentava gradualmente in base all’intensità dell’incontro, mi ha flashato il cervello». Gli occhi brillano, fa finta di niente, le mani in tasca, chiuso nel giubbotto di pelle, sciarpona e l’immancabile coppola. Un fiume in piena e per cercare di descrivere cosa rappresenta per lui la Muay Thai prende in prestito le parole di Platone (e scusate se è poco): «Un uomo deve avere le gambe delle parole, il volume di quello che dice. Un uomo senza la gambe, senza quell’equilibrio tra mente e corpo, come dicono i greci, non ha senso. Cercare i virtuosismi dell’anima, questa è la difficoltà. Tutti abbiamo un dolore, una morte ed è facile farla finita, ma è trovare lo stimolo per andare avanti e combattere che è difficile».

«Perché combattevo? Forse avevo paura di deludermi, forse perché cercavo una conferma continua. La figura di mio padre che mi è venuta a mancare. Forse volevo solo sentirmi dire dall’opinione pubblica: “sei bravo”».

Il lutto per la perdita del padre - il 30 aprile giorno del suo sesto titolo mondiale è stato anche l’anniversario della sua morte - poi il metabolizzare la morte e ripartire. «Ho dovuto “uccidere” mio padre, come diceva Nietzsche, oggi io sono diventato lui, perché mi sono calmato. L’arte marziale è riuscita a darmi ciò che la scuola non ha mai fatto: l’obbligo di svegliarmi - racconta - di stare a dieta. Sono 16 anni al ritmo di due allenamenti al giorno, di cartilagini rotte, di tibie spaccate. Chi non ha idea di cosa ci sia dietro un match, i sacrifici, le regole, vede solo il ko, il colpo».

La Muay Thai gli ha dato un lavoro, un nome, una casa, la possibilità di pagare le bollette. Un sogno, una passione che lo ha reso campione, un atleta di cui andar orgogliosi.
E ora? Lontano dal ring, dall’odore della canfora, dall’adrenalina della sfida, cosa resta? Il suo mondo, la sua vita, la sua famiglia, la sua passione. Non avrà tempo per annoiarsi Siciliani, ha i suoi ragazzi da gestire, Classe A di Muay Thai da accompagnare in giro per il mondo a combattere, gli stage a Londra, Parigi, Barcellona. Ha la sua palestra Fabio Siciliani, il suo allenamento, l’incarico di presidente della commissione Atleti italiani, la passione per i libri.

«Sto leggendo D’Annunzio, “Il Piacere”», riscoprendosi vicino all’autore nei pensieri, negli scritti buttati giù tra un match e l’altro. «Ora mi occuperò della promozione della Muay Thai, seguirò i miei ragazzi, anche questo mi ha dato la forza di smettere».

Palestra Pescara - Fight Clubbing GYM